domenica 4 giugno 2017

Dramma giocoso in due atti e un prologo

Prologo

In picturis autem aedificiisque consilium et prudentia fulget artificiis.
Dispositio praeterea et quasi figura quaedam animi ipsius inspicitur.
Ita enim seipsum animus in operibus istis exprimit et figurat, ut vultus
hominis intuentis in speculum, seipsum figurat in speculo
Marsilio Ficino


La fotografia di paesaggio, nelle sue attuali e più ampie declinazioni, oscilla tra la certificazione "spinta" della realtà e, all'opposto, un rifiuto della stessa, troppo solida e fattuale, in favore di modi compositivi e linguistici caratterizzati da una libertà espressiva assoluta, ingenuamente interpretata quale cifra stilistica del “fare arte”.
All'atto pratico, nell'evidenza dei sin troppi esempi prodotti dai canali di comunicazione, ciò si risolve da un lato in immagini che ricalcano esperienze vicine o coincidenti alla street photography (autentico volano della fotografia contemporanea tout court, espressione di una ossessione alla registrazione di ogni singolo, ed insignificante, istante della realtà attualizzata), dall'altro in pratiche caratterizzate da una povertà di linguaggio diffusa e da una altrettanto preoccupante incapacità tecnica (convenientemente celata entro improbabili scelte stilistiche), in nome di una “autonomia espressiva” che soltanto una critica compiacente ed insipiente può proporre per arte.
Tale, apparente, dualismo produce esiti, se si vogliono cogliere correttamente segnali consolidati, non dissimili: a cominciare dalla completa obliterazione dalle immagini e ricerche fotografiche del dialogo realtà/rappresentazione; per arrivare alla ridefinizione del concetto stesso di fotografia, nei termini di una disciplina ormai completamente asservita a indirizzi curatoriali proni alle richieste del mercato.
Potranno sembrare, questi, temi oziosi e veniali, ma manifestano la totale assenza di un dibattito critico capace di restituire credibilità alle ricerche degli autori, e sottolineano anche l'incultura diffusa dei profili professionali operanti in tale ambito che, perennemente in fibrillazione, agitano una scena muta, priva di qualsivoglia afflato poetico.
Il risultato, a voler essere caustici come sin qui si è stati, sono Immagini senza spessore, svuotate di quella dimensione della conoscenza che autenticamente contraddistingue la creazione umana, l'Immaginazione.


Immaginare Immagini
l’artista non aspiri a produrre un’opera di natura, ma un’opera d’arte perfetta
Johann Wolfgang Goethe


Lo specifico della fotografia è la presenza del soggetto nell'immagine.
Una presenza che vincola nel tempo e nello spazio il soggetto al fotografo, e che contemporaneamente veicola la produzione dell'immagine, per via chimica o numerica. L'immagine, quindi, si manifesta quando l'autore sceglie il soggetto, soltanto in quell'istante e in quel luogo, né prima, né dopo, né altrove: non si dà fotografia “a memoria”.
E di conseguenza l'ispirazione, l'idea, o più prosaicamente, le scelte espressive necessarie alla composizione dell'immagine si manifestano quando l'autore si accosta al soggetto. Ed è in quel momento che il soggetto acquista significato, non in sé, ma come parte dell'immagine, come elemento compositivo, che si dipana nel racconto fotografico. Immagine e soggetto non coincidono, esprimono realtà e verità differenti.
La verità dell'immagine è duplice: la verità dello sguardo dell'autore e la verità della rappresentazione, che è altro rispetto alla realtà in essa contenuta.
I codici tecnico, compositivo, espressivo, definiscono l'autonomia della rappresentazione, e la svincolano dalla pretesa semplicistica di essere soltanto mera riproduzione, e di risolvere l'immagine fotografica quale registrazione fedele della realtà.
Lo sguardo con cui il fotografo guarda il mondo, senza pretese di giudicare o attribuire giudizi di valori, è filtrato dall'Immaginazione, dalla capacità creativa di prefigurare ciò che, ancora, non esiste e di realizzarlo nell'immagine.
Ed ogni sguardo cristallizzato nella singola immagine racchiude una scintilla di bellezza, capace di rivelare, illuminandolo, lo splendore del vero. Una scintilla che si riverbera nello spettatore che osserva l'immagine fotografica, e da qui si diffonde, come cerchi concentrici sull'acqua.


Terres inconnues

Nuove mappe urbane di luoghi immaginati



La città contemporanea si specchia e duplica nelle immagini, molte, troppe, che costantemente ritraggono gli stessi luoghi, scorci, visuali; immagini di immagini che svuotano gli spazi di ogni accento interpretativo, secondo una estetica della distrazione e ripetizione compulsiva. Si riproduce, non rappresenta, la realtà per condividere esperienze mimeticamente identiche le une alle altre, con soddisfazione e consolazione.
Le città, si riducono, letteralmente, ad una percezione discontinua, disattenta, divoratrice di facili e stucchevoli scenari, come crisalidi immutabili; obliando, o peggio, ignorando la metamorfosi continua della città, si perde anche la capacità di guardare, di percepire, tali processi e di osservare con chiarezza i dettagli di cui sono composti i luoghi.
Spesso non si guarda con sufficiente attenzione, o forse non si è in grado di cogliere ciò che non si può vedere ma soltanto immaginare e prefigurare nelle immagini: le relazioni tra le cose, l'azione del tempo sulle superfici corrose, i segni disturbanti della presenza umana. Ed allora luoghi apparentemente privi di bellezza e significato, temporanei ed eccentrici, assumono nuova forma, compiuta e armonica, nelle fotografie che li rappresentano.
Sono questi luoghi e spazi INCERTI, invisibili ai passanti e sconosciuti ai percorsi che privilegiano contesti incantevoli. Fuori dalle mappe non è dato sapere cosa ci può attendere; ci si perde, metaforicamente, per poi ritrovare un tracciato entro cui procedere, un pensiero che conduca la creazione, l'immaginazione. E ciascuno affronta questo viaggio con il proprio portato culturale, pensieri ed immagini che indagano e si sovrappongono agli oggetti reali sui quali si sofferma lo sguardo.
Quelle proposte in questo lavoro sono nuove mappe di luoghi immaginati che appartengono all'essenza più profonda ed intima degli autori, immagini che non rappresentano spazi reali, soltanto sguardi irrequieti privi di certezze. 

 


























 

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